Il direttore de "La gazzetta di Parma" racconta a Broadcastitalia il suo esordio a Radio Parma
Che
un giorno sarebbe diventato il Direttore Responsabile della Gazzetta di Parma era scritto nel destino di Giuliano Molossi – prosecutore della dinastia partita nel lontano 1880 con il
bisnonno Pellegrino, proseguita con il nonno Gontrano ed il padre Baldassarre,
tutti avvicendatisi alla guida del quotidiano – ma che, sia pure per un breve
periodo prestasse la sua voce a Radio
Parma era più difficile pronosticarlo, ed oggi, a 30 ed oltre anni di
distanza da quei fatti, sono forse in pochi a ricordarlo. Broadcastitalia.it, che
prosegue il suo omaggio alla prima emittente libera italiana in occasione del
35° dalla fondazione, lo ha avvicinato…
Le prime parole del direttore sono di
apprezzamento per il nostro lavoro di ricostruzione dell’archivio sonoro dei
primi anni della radiofonia italiana: “Guardando
le vostre pagine on line ho fatto
veramente un tuffo nel passato. E’ un po’ una sorta di La storia siamo noi di Minoli in televisione. E’ un salto
nostalgico nel passato: si capisce molto bene, fin dalle prime battute, che non
possono essere programmi di oggi, c’è tutto un altro ritmo… E’ un bel progetto,
perché è un patrimonio da difendere che non deve andare perduto. I primi anni
delle radio private in Italia non vanno dimenticati, e tra l’altro proprio
Radio Parma è stata la prima, anche se questo primato, qualche volta, è stato
oggetto di contestazione… ”
Proprio come era successo anni prima alla
sorella maggiore (fanno parte del medesimo gruppo editoriale) Gazzetta di
Parma… “A noi era capitato conla Gazzetta di Mantova, a
Radio Parma con Milano International, fatto sta che siamo stati veramente dei pionieri.
E dico siamo perché fortunatamente anch’io
ho partecipato, sia pure con un piccolo ruolo, a questa avventura, anche se non
da subito.”
Prima Giuliano doveva concludere gli studi in Giurisprudenza: “Nel1975 mi sono laureato a pieni voti: forse
proprio per una sorta di crisi di rigetto per i libri – probabilmente avevo
studiato un po’ troppa in fretta – mi concedetti una lunga pausa, anche se
avevo già chiaro in mente che in futuro non sarei mai stato né avvocato né
notaio, ma avrei seguito le orme paterne, e non solo le sue, perché pure nonno
e bisnonno erano giornalisti…”
Ma
prima della carta stampata, per il giovane Giuliano arrivò il microfono: “In quel momento, da ragazzino, non potendo,
ovviamente, lavorare nel giornale diretto da mio padre, iniziai a curiosare tra
notizie e il modo per farlo me l’ha offerto Carlo Drapkind, il compianto direttore
di Radio Parma, che mi ha volentieri coinvolto in questo progetto.”
Anche
via etere non tardò a manifestarsi la vocazione (atavica…) di Molossi per
l’informazione: “Cosa facevo? Al mattino
mettevo su qualche disco, anche se io non ero assolutamente un esperto
conoscitore di musica, non ero un disc-jockey, niente di tutto questo: però mi
piaceva il mezzo radiofonico. Più che i dischi mi piaceva il microfono, cioè
parlare alla gente…”
Una sorta di allenamento per quella che in seguito
sarebbe diventata una sua occupazione abituale, cioè rispondere alle lettere
dei lettori… “Sì, quel tipo di colloquio
con gli ascoltatori che avevo allora da ragazzino in radio è lo stesso dialogo,
che ora, in età matura, ho da direttore con i lettori del quotidiano.
Sostanzialmente è la stessa cosa.”
Anche se all’epoca, forse, c’era un po’
più di leggerezza… “Attraverso le telefonate
le persone, semplicemente, parlavano con me anche degli argomenti anche più
futili. Del resto in radio io stesso, magari, dicevo qualche sciocchezza di
quelle che ogni tanto in radio si dicono, ma, come ripeto, non ero né un intrattenitore,
né un comico: cercavo tra i giornali, che erano la mia passione, le notizie più
curiose e divertenti, che si prestassero di più per una trasmissione del genere
o un pubblico di quel tipo…”
Si trattava di Mattutino Musicale: “Quel programma, in onda dalle 8 alle 10,
storicamente era condotto da Anna Maria Bianchi, ma c’erano anche altri che si
alternavano e tra questi pure io. Essendo il più pischello, nel senso del più
ragazzino e comunque l’ultimo arrivato, mi toccavano i sabati, le domeniche, il
1° maggio, e così via, ma io lo facevo volentieri. Poter parlare in radio era
un piacere…”
Anche le trasmissioni in notturna avevano il loro fascino… “Alla sera, fino a mezzanotte, andava in
onda Free Music102, con varie coppie al microfono, sempre male assortite ed il
risultato era abbastanza drammatico... La scelta musicale era un po’ diversa
rispetto al mattino: noi conduttori inscenavamo delle situazioni comiche,
facevamo finta di litigare. L’altro conduttore spesso era una ragazza, che
spesso poi si accompagnava a noi dopo le trasmissioni…”.
Tra i presentatori
di Free Music102 Giuliano Molossi ricorda anche illustri nomi di personaggi,
poi destinati ad un altro tipo di carriera: “C’era
Francesco Monaco, che oggi è il capo degli spettacoli qui in Gazzetta, Marco
Manfredi, che è il Vicedirettore Generale di Publitalia, la concessionaria di
Pubblicità del gruppo Mediaset. Noi eravamo i dilettanti allo sbaraglio, anche
se Monaco di musica ne sapeva più di me, poi c’erano quelli bravi, tipo Luigi
Furlotti…”
Di pomeriggio, invece, il cliché ricalcava quello dei programmi
mattutini: “Ero in onda alle 15, e si
vedeva che andavo a finire sempre lì, sulle notizie, i dischi erano solo un
contorno. Raccontavo di classifiche di libri, di film, di uscite di nuovi
spettacoli teatrali. Insomma una sorta di “Costume e società” radiofonico,
fatto da un 25enne…”
La data in cui finì la sua avventura radiofonica è ben
scolpita nella sua mente: “Rimasi in
radio esattamente fino al 15 giugno del 1979, non potrei mai dimenticarlo… In
quel giorno venni assunto al Giornale di Montanelli, e ricordo ancora adesso esattamente,
come se fosse avvenuto un minuto fa, che alcuni colleghi in particolare uno,
Tiziano Marcheselli, cercarono di dissuadermi dall’ andare a Milano, dicendo
che questa era la mia città, che qui c’era la mia famiglia, che avrei potuto
far carriere qui, ma io sentivo veramente che dovevo andare, staccarmi, da una
situazione comoda e tranquilla, per andare in mezzo alla strada, a fare il
cronista in un giornale di una grande città, alle dipendenze di un giornalista
come Montanelli per imparare il mestiere. Non potevo restare a Radio Parma: il
tempo del cazzeggio era finito, dovevo diventare adulto.”
Prima della tanto
desiderata carta stampata Molossi fece in tempo a debuttare sul piccolo
schermo, nelle prime trasmissioni sperimentali di Tv Parma. E non solo come
speaker… “ Sì, partecipai alla fase
pioneristica anche di Tv Parma, leggendo i primi telegiornali, sui generis… Non
avevamo immagini, leggevamo solo qualche notizia che costruivamo noi, quando
venivamo a conoscenza di qualche fatto o tagliando o riassumendola Gazzetta. Talora
capitava che non ci fosse l’operatore: io stesso, a volte, feci il cameraman,
riprendendo programmi di varietà… Per mancanza di personale bisognava saper
fare tutto, anche quella fu una scuola importante…”
Ma ormai la valigia per
Milano (dopo l’esperienza al Giornale sarebbe seguita quella alla Voce, come
caporedattore centrale, prima del ritorno nella città ducale nel 95 come
vicedirettore e poi dal 98 al timone della Gazzetta) era pronta… “Salutai tutti gli amici di Radio Tv Parma
con i quali ci si vedeva tutto il giorno, dalla mattina alla sera: erano la mia
famiglia, vedevo più loro che mia madre o mio padre. Mangiavamo insieme, si
viveva lì, e tu che c’eri lo sai. Era un ambiente molto divertente, pieno di
entusiasmo. Eravamo tutti ragazzi, con molta voglia di fare delle esperienze,
anche se tutti avevamo degli obiettivi diversi…”
Qualcuno con la voglia di
sfondare in radio (e non solo) ed i talenti per riuscirci c’era: Mauro Coruzzi,
l’odierna Platinette: “Mauro era il
numero uno già allora, aveva grandi potenzialità, ma non avrei mai detto, ed
immagino nemmeno tu, quale sarebbe stato il suo futuro. Certo si poteva
indovinare che avrebbe avuto una bella carriera, però non con quali panni
sarebbe diventato famoso…”
La maschera che impersona, a mio avviso, limita
la sua intelligenza cristallina e l’approfondita conoscenza che ha del mondo
musicale e non solo, ma il successo arriva per strade così… “Il personaggio è quello: è apprezzato dal
pubblico e per la verità diverte anche me, mi fa simpatia: però, conoscendo Mauro
senza parrucche o vestiti da donna, lo preferisco proprio nel suo aspetto naturale,
perché vedo il suo cervello. Come dici tu emerge la sua vivacissima
intelligenza: preferisco Mauro a Platinette, anche se in Platinette c’è molto
di Mauro.”
Il legame con la città ed il suo giornale è rimasto
strettissimo: Coruzzi scrive una rubrica fissa sull’inserto Parma Giorno &
Notte: “Sono contento che lui, ancora adesso
che è diventato un vip – parola che fa schifo a lui e a me – cioè un personaggio
famoso che va sulle copertine dei giornali, e lo intervistano tutti, orgogliosamente
continui a collaborare, per pochi euro,
conla Gazzetta:
vuol dire che tiene a Parma, alla città e al suo giornale, che spero ancora che
legga, come una volta, con la matita rossoblu per segnalarci i tanti errori in
cui incorriamo…”
L’inventore del
Molossi radiofonico fu dunque Carlo Drapkind, padre professionale di tanti di
noi radiofonici… “Carlo era un
grandissimo: aveva una passione, un entusiasmo per questo mestiere; era il vero
cronista: non gli sfuggiva niente… Intuiva la notizia aveva fiuto, la
cavalcava, la sviluppava, aveva tempi di decisione rapidissimi. Gli piaceva la
politica, era ferrato e competente di tutte
le varie questioni locali e non appena poteva ci saltava addosso: faceva
parlare tutti, conosceva tutti, aveva un’agenda fittissima, da questo punto di
vista era molto bravo. E poi, anche in una fase successiva, quando le parti si erano
invertite ed io ero diventato il direttore e lui collaboratore alla Gazzetta,
si era rivelato un elemento molto prezioso, camminava molto per città a
dispetto della sua mole, curiosava dappertutto, entrava nei negozi, si fermava con
la gente e raccoglieva notizie. Poi mi telefonava e mi riferiva anche quelle
che erano sfuggite ai cronisti più bravi della Gazzetta…”
L’esperienza
radiofonica avrebbe segnato per sempre il direttore e non solo per
l’allenamento al dialogo con i lettori, cui accennavamo prima: “Mi è servita per cercare di essere il più
disinvolto possibile quando parlo in pubblico. Ho sempre preferito la radio
alla tv, mestiere che conosco bene, dato che mia moglie lavora in televisione.
Io, però, mi sono sempre sentito più a mio agio davanti al microfono che
davanti alla telecamera: sarà stato per una questione di timidezza. La lucina
rossa mette un po’ in soggezione…”
Il panorama radiofonico, oggi, è
cambiato radicalmente rispetto a quello degli anni ’70, oggetto della
ricostruzione storica di broadcastitalia.it… “Le radio, adesso, sono cambiate moltissimo. Quella, come detto, era
un’epoca pioneristica: adesso le grandi radio sono delle industrie, delle
macchine da soldi, allineano personaggi di primo piano del mondo dello
spettacolo, dello sport, del giornalismo. Insomma, sono una cosa molto diversa.
Le vecchie radio, alle nuove, hanno lasciato in eredità la spontaneità, che
deve rimanere per non far sembrare la radio qualcosa di asettico, di freddo.
Non a caso le radio che hanno più successo sono quelle dove è predominante la spontaneità,
nonostante la grande professionalità di gente che conosce bene il mezzo, perché
non basta essere spiritosi e saper far ridere o essere conoscitori di musica
per aver successo in radio… A parte Mauro, noi, allora, non conoscevamo bene il
mezzo radiofonico, però avevamo dalla nostra questo entusiasmo e questa voglia
di divertirci.”
Un bel lavoro, insomma… “Non
era un lavoro per noi: o meglio, lo era, ma lo facevamo col sorriso; eravamo retribuiti
molto poco: io ricordo delle due mila lire. Entravo nell’ufficio di Menozzi (il
primo proprietario, nda) e pietivo
qualche biglietto da mille, ma non di più… (per avere una idea basta
ascoltare, è disponibile su broadcastitalia.it l’intervista che mi fece
Menozzi, dopo il primo, ed unico, stipendio, di Radio Parma, ben 5.000 lire.
Rispetto alle 1.000 o alle 2.000 di Molossi avevo guadagnato tantissimo, quella
volta, nda) …come tutti lo avrei fatto anche
gratis. I grandi della radio di oggi, tutti chi più chi meno, hanno fatto i
primi passi tanti anni fa e conservato lo spirito di allora…”
In conclusione
di intervista, per via del famoso cavallo di battaglia (“Richiamatela Radio
Parma”) che stiamo cavalcando, ho formulato a Giuliano Molossi il seguente
quesito: “Ma tu, da direttore della Gazzetta di Parma, il più antico quotidiano
italiano, ne accorceresti il nome nell’acronimo GdP ?” E lui, con grande fair play (trattandosi, comunque di una testata dello stesso gruppo
editoriale), mi ha risposto così: “Io
avrei mantenuto la denominazione storica di Radio Parma: sono d’accordo con te:
l’attuale non mi piace, ma sono prevalse altre logiche. La decisione non mi
competeva e non mi compete, ma se mi chiedi un giudizio io avrei mantenuto Rado
Parma, e non è detto che non si possa tornare, anche perché Radio Parma era
veramente entrata nel tessuto cittadino, e dicendo Radio Parma102 uno si
ricordava benissimo anche la frequenza…. Ma adesso vorrei rispondere a una
domanda che non mi hai fatto…” Prego… “Che ascoltatore sono adesso? Ora
ascolto la radio solo in macchina, perché è un’abitudine che ho, e la radio che
ascolto di più è Radio 24, quella del Sole 24 Ore: mi serve per il mio lavoro,
perché propone approfondimenti interessanti. E’ una radio vivace: certo non c’è
musica: quando ho voglia di ascoltarla mi sintonizzo su Dj o qualcun'altra…”
Mi
si perdoni l’eccessivo localismo dell’ultima domanda: “A Parma ci vorrebbe una
radio locale all news?” “ Non so se c’è lo
spazio per una radio del genere… non posso dirlo…”
Intervista esclusiva
di Gabriele Majo per Broadcastitalia.it (29.01.2010)
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